Immagina di svegliarti in una tenda, con l’alba che colora di rosa le pianure infinite della Maasai Mara. Attorno a te, il silenzio è rotto solo dal suono di una ruota libera, qualche muggito in lontananza, e il battito del tuo cuore, già proiettato verso la tappa che ti aspetta. Non è un sogno né una spedizione estrema per pochi eletti: è la Migration Gravel Race, la gara gravel più dura e selvaggia del mondo.
Un tracciato dove il tempo si ferma
Quattro giorni, oltre 650 chilometri e 8.000 metri di dislivello su strade che sembrano disegnate da madre natura per mettere alla prova ogni fibra del corpo. Ma qui, il gravel è qualcosa di diverso: non si parla di strade bianche perfettamente battute, ma di sentieri per animali, tracce di jeep safari, passaggi tra greggi di capre e mandrie di zebre, polvere rossa e pietre vive.
Ogni metro guadagnato è un piccolo trionfo.
La Maasai Mara, con la sua bellezza aspra e incontaminata, non fa sconti. Ma regala in cambio una connessione profonda con l’ambiente, con i propri limiti, con le radici del movimento gravel: fatica, esplorazione, libertà.
Leopard o Zebra, la sfida è per tutti
La Migration Gravel Race propone due percorsi:
Il Leopard è il tracciato completo, una corsa ad alta intensità per chi non teme di confrontarsi con il massimo della durezza.
Lo Zebra è più corto, ma conserva lo spirito dell’avventura: attraversa le sezioni più iconiche della gara, offrendo un'esperienza intensa ma accessibile anche a chi non cerca solo la competizione.
Entrambi i percorsi sono aperti alla vita della savana: non ci sono strade chiuse, solo regole semplici e vitali – pedalare a sinistra, dare precedenza agli animali, rispettare la terra e chi la abita.
Un viaggio umano, oltre lo sport
Partecipare alla MGR significa anche vivere fianco a fianco con le comunità locali, incontrare sguardi curiosi di bambini ai bordi della strada, incrociare pastori Masai con il bastone in una mano e uno smartphone nell’altra. Significa dormire sotto le stelle, in campi mobili che sembrano usciti da un romanzo d’avventura, condividere storie e fatica intorno al fuoco con ciclisti provenienti da ogni parte del mondo.
E significa anche fermarsi, se serve, non per arrendersi ma per guardarsi intorno, respirare profondamente e ripartire. Perché nella Migration Gravel Race non vince solo chi arriva primo, ma chi riesce a coglierne l’anima.
Dove nasce tutto questo? Il Progetto AMANI
Dietro la Migration Gravel Race c’è una visione. Si chiama Progetto AMANI, ed è qualcosa di molto più grande di una gara ciclistica.
AMANI nasce per dare voce, gambe e opportunità agli atleti dell’Africa Orientale, già celebri nel mondo della corsa a piedi, ma ancora poco presenti nel ciclismo d’élite. Il progetto si basa su tre pilastri:
🏁 Performance
Team AMANI è una squadra di ciclisti provenienti da Kenya, Uganda, Ruanda ed Etiopia, selezionati non per il passaporto, ma per il talento e la voglia di dimostrare quanto possono fare, se messi nelle giuste condizioni. Gareggiano nelle migliori competizioni gravel del mondo, per dimostrare che il potenziale africano nel ciclismo è immenso.
🌍 Opportunità locali
Con eventi come la Migration Gravel Race e la Safari Gravel Race Series, AMANI porta il gravel internazionale in Kenya, offrendo agli atleti locali la possibilità di confrontarsi con i migliori senza dover viaggiare in Europa o negli Stati Uniti. E nel farlo, mostra al mondo la straordinaria bellezza del Kenya ciclistico.
🌱 Investimento nel futuro
Nel villaggio di Iten, a 2.400 metri di altitudine – conosciuto come la “Home of Champions” – nasce AMANI House, un centro di alta performance dedicato al ciclismo.
Qui si forma la Black Mamba Development Squad, il vivaio U23 del team AMANI: uomini e donne che riceveranno formazione tecnica, supporto fisico e crescita culturale per diventare i campioni africani di domani.
Più che una gara: un ritorno all’essenza
La Migration Gravel Race non è solo dura. È vera.
Ogni salita è una domanda. Ogni discesa una risposta. Ogni incontro un racconto.
Per chi ha il coraggio di pedalare nel cuore dell’Africa, la ricompensa non è solo una medaglia o un tempo da registrare.
È la sensazione – rara e preziosa – di essere parte di qualcosa di più grande.