Siena, 18 maggio 2025 — Tra tutte le tappe della prima metà del Giro d’Italia 2025, la Gubbio–Siena è quella che più incarna l’essenza dello spettacolo ciclistico moderno: un connubio di storia, paesaggi, cultura… e polvere. Tanta polvere. Sono ben 29 i chilometri di strade bianche, suddivisi in cinque settori, che i corridori affronteranno lungo i 181 chilometri di questa nona tappa.
Un tratto di percorso che richiama lo spirito del gravel e aggiunge quella dose di imprevedibilità che ogni corsa dovrebbe avere.
Dimenticate le solite tappe di trasferimento.
Oggi il Giro cambia pelle. Si trasforma, diventa crudo e imprevedibile, incerto e spettacolare. È qui che il ciclismo su strada incontra lo sterrato, e in questa collisione di mondi nasce qualcosa di nuovo, più autentico, più emozionante.
Cinque settori sulla ghiaia senese
La corsa si accende dopo una prima parte relativamente agevole. Da Gubbio si passa per Cortona e Sinalunga, tra curve e continui cambi di pendenza, fino a San Giovanni d’Asso. È lì che inizia il primo vero banco di prova: Pieve a Salti, 8 km nervosi, ondulati, pieni di curve, saliscendi e polvere.
Ma il cuore di questa tappa sta nei settori successivi: Serravalle (9,3 km) e San Martino in Grania (9,4 km), immersi nel paesaggio lunare delle Crete Senesi.
Qui non conta solo la gamba: servono tecnica, nervi saldi e un pizzico di follia. Lo strappo di Monteaperti, pur lungo solo 600 metri, si presenta con pendenze a doppia cifra e fondo smosso, mentre Colle Pinzuto mette in fila tutti con i suoi 2,4 km e rampe fino al 15%.
E poi l’arrivo. Siena accoglie i superstiti con la solita maestosità: via Santa Caterina, 16% di pendenza su lastricato medievale, sarà la rampa di lancio per il finale più scenografico che il ciclismo possa offrire — Piazza del Campo.
Il gravel come elemento di rottura
In un ciclismo moderno sempre più controllato dai watt e dai computer, lo sterrato è la variabile impazzita. Qui il gregario può diventare protagonista, il capitano può forare, un outsider può prendersi la gloria. È il terreno dove la tattica si piega all’istinto, dove la tecnologia lascia spazio alla sensibilità meccanica e alla capacità di leggere il terreno metro dopo metro.
Non a caso questa tappa è tra le più temute dai corridori e tra le più amate dagli appassionati. È un richiamo diretto alle Strade Bianche, che ogni anno a marzo infiammano i tifosi e che oggi si inseriscono di diritto in un grande Giro che guarda al futuro senza dimenticare la polvere delle sue origini.
Un viaggio tra storia e territorio
Partire da Gubbio è come entrare in un libro di storia: dal gotico Palazzo dei Consoli alla magia del Teatro Romano, passando per le botteghe dei ceramisti che hanno reso famosa la città nel mondo. Il percorso si snoda poi tra Umbertide, Tuoro sul Trasimeno e le colline toscane, con tappe d’eccellenza anche per il palato: la Chianina di Sinalunga, il tartufo di San Giovanni d’Asso.
Il ciclismo su queste strade è più di uno sport. È un racconto di identità, di cultura, di fatica e bellezza. Ed è proprio lo sterrato a unire questi elementi, trasformando una gara in un’avventura.
Il futuro del ciclismo ha radici di polvere
In un Giro d’Italia che cerca emozioni vere, la tappa Gubbio–Siena è un manifesto: il gravel non è solo una moda, ma un linguaggio universale capace di restituire incertezza e spettacolo. Se vogliamo corse meno prevedibili, più umane e più vive, allora dobbiamo accogliere lo sterrato non come un'eccezione, ma come parte integrante del ciclismo di domani.
Oggi, sulle strade bianche della Toscana, il Giro potrebbe cambiare volto. E lo farà sollevando polvere.